Etna

Finora abbiamo visto l’Etna da una certa distanza: immensa ci è parsa la sua mole pur senza mai poterla abbracciare per intero. Traduciamola in cifre: il vulcano copre una superficie di circa 1570 chilometri quadrati; ha un perimetro di circa 212 km; la sua altezza - variabile come in tutti i vulcani - è oscillata, dal 1932 al 1966, fra i 3263 e i 3326 metri. E’ il massimo d’Europa e fra i più vasti del mondo. Due fiumi lo circondano: l’Alcantara e il Simeto che, con lo scavo dei loro letti nelle sue lave, hanno dato origine a fantasmagoriche forre. Da lontano il vulcano, per la morbidezza del suo profilo, maschera la sua altezza e le sue tormentate strutture.

Per conoscerlo veramente dovremo dunque salirlo, facilitati in ciò da una ferrovia che congiunge i paesi sulle falde del monte, e da una ricca rete viaria. Questa consta di una strada circumetnea (che ricalca, in parte, il percorso ferroviario) a bassa e media altezza - con culmine a 1041 metri - donde si dipartono strade turistiche che salgono a quote più elevate, ove sono disseminati rifugi e casali. La strada circumetnea, lunga 140 km (consigliamo di percorrerla in almeno due giornate per apprezzarne tutta la bellezza), partendo, per esempio da Catania, vi ritorna attraverso Fiumefreddo di Sicilia, Linguaglossa, Randazzo, Bronte, Adrano, Paternò: paesi dagli orizzonti sempre nuovi, ove si respira il profumo del passato nei vicoli angusti, negli usi pittoreschi, nelle memorie soprattutto medievali e barocche.

La zona più bassa del vulcano, ove le lave, consolidate da millenni, hanno fertilizzato il terreno, ci offre spettacoli di vegetazione rigogliosa. Sono le "terre forti", ove prosperano fichidindia, palme, eucalipti, viti, mandorli, ulivi, pistacchi e - più di tutto - vasti, fittissimi agrumeti, donde provengono le arance più succose d’Europa. L’entusiasmo provato di fronte allo spettacolo presentatoci dai vulcani delle Eolie, qui non ha più limiti, perché ci troviamo veramente dinanzi a qualcosa di grandioso, di eccezionale, di straordinario. L’attività di questo vulcano fu conosciuta fin dall’antichità, tanto da essere ritenuto la fucina di Vulcano e dei Ciclopi; le eruzioni si sono poi succedute nei secoli con maggiore o minore violenza, fino all’ultimo del 1950-51. La composizione delle lave antiche è diversa da quelle moderne, notevole comunque è la ricchezza in ossido potassico e di anidride fosforosa che determina la fertilità dei territori etnei.

Una funivia consente di salire rapidamente, in 20 minuti fino a 2935 metri, zona in cui si trova l’osservatorio Vulcanologico, poi si può proseguire a piedi fino a raggiungere il cratere con il suo spettacolo eccezionale e terrificante. Sui pendii del vulcano estesi boschi, alcuni secolari, offrono protezione ad animali rari, come il gatto selvatico e la martora, o quasi estinti, come la coturnice siciliana e ad alcune specie vegetali selvatiche, che fanno la gioia dei botanici. Durante la stagione invernale il vulcano è interamente coperto di neve ed è meta di innumerevoli comitive di escursionisti, mentre durante l’estate offre sulle sue pendici piacevoli luoghi di villeggiatura, essendo servito da numerose e comode strade d’accesso.